Una classe dirigente inferiore alle aspettative del Partito Democratico

Recentemente ho parlato con un mio amico trasferitosi a Vancouver e con un mio amico blogger americano democratico. Mi chiedevano notizie a proposito del PD. E’ sempre utile vedere come gli altri giudicano quello che stai facendo dall’esterno. Mi dicevano che Oltreoceano gli sembrava si fosse creato molto buzz e volevano capire cosa e quanto ci fosse di “nuovo” e di vero.
E’ da sottolineare che il buzz è stato generato più dai media in modo incontrollato, complimenti a Repubblica e a Zucconi in particolare, che da una nostra precisa strategia di comunicazione su vasta scala, che invece si è limitata al nervoso e pernicioso scambio di opinioni dei leader quotidiano. Ne è la dimostrazione che i blog e i siti sul PD ricevono meno credito rispetto a quelli indipendenti. Mentre si può ricordare che 1 americano su tre usa Internet per raccogliere informazioni, discutere dei candidati e dei temi delle campagne. Per non dire che oltre 13 milioni di cittadini dal 2004 a oggi hanno usato Internet per partecipare direttamente offrendosi come volontari o per inviare denaro.
E’ proprio sulla attuazione nella realtà del campo della “novità” che si gioca la scommessa del Pd. L’obiettivo del Pd non deve essere quello di trovare un posto al sole per pochi, ma quello di dare una mission di cambiamento per tutti, non solo di centrosinistra ma anche a destra: il modo di essere e fare partito, il modello partecipativo alla politica, il modo di comunicare della politica. Che sono le premesse strutturali poi per quell’obbiettivo più grande indicato da Veltroni che è fare una “Italia nuova”. E’ sempre meglio anticipare e farsi rincorrere che scendere sullo stesso piano di Berlusconi ed essere in difetto di comunicazione.
Non ho né la presunzione né le capacità per indicare strade o scorciatoie neppure per l’ultimo degli iscritti. Però mi preme, in base alla mia esperienza politica di consigliere comunale di 9 anni e per la mia attività professionale, evidenziare alcuni aspetti da cui possono prendere spunto delle proposte. Molto brevemente, perché gli aspetti da toccare sarebbero centinaia e sono già corsi fiumi di inchiostro, ma soprattutto perché credo più a un gruppo che si siede intorno a un progetto e lo fa crescere e lo sa misurare nel tempo, piuttosto che a ore di assemblearismo senza risultati.
E’ inutile ripetere che la gente è disaffezionata dalle istituzioni, che il ruolo dei partiti tradizionali e dei sindacati è mutato negli ultimi due decenni, in particolare da quando Berlusconi è sceso in campo, che le tessere ai partiti hanno un’età media da estinzione programmata, che fa più presa e adesioni il messaggio e l’attività di una onlus che un partito, che la comunicazione politica non la si fa senza il marketing, che il linguaggio della politica e delle leggi rispetto alle dinamiche sociali è fossilizzato.
Non è inutile farlo però se la nuova struttura del partito, e qui faccio riferimento sia al nazionale che alla base locale, sarà quella di un nuovo anfiteatro con i posti numerati e le gradinate d’onore, o se stiamo a perdere la faccia dietro ai pantheon e ad altre sciocchezze simili, o se ancora dopo 60 anni prendiamo come legge del Sinai l’intervista sul giornale del Segretario o del Presidente di turno. O se dobbiamo ancora fare la conta delle figurine per eleggere un nostro rappresentante e gli organi direttivi ai congressi. Se il Pd sarà ancora questo, avremo perso la sfida e la fiducia dei nostri figli, e, allora, è meglio destinare il proprio tempo e passione a qualcos’altro. In fondo ci sono molti modi per mettersi al servizio degli altri e della collettività , anche più efficaci. Veltroni, non a caso, puntava l’attenzione sulla passione e l’entusiasmo, senza i quali la politica non può essere politica bella, e il nostro impegno non può essere efficace oltre che gratificante.
Il consenso è l’ultimo anello di quella lunga e faticosa catena che trasforma la conoscenza in fidelizzazione e la fidelizzazione in partecipazione attiva e virale. Oggi la partecipazione e il consenso non sono più gratuiti e per sempre in nome di un ideale, o di una bandiera. Qualsiasi opinione calata dall’alto, editorialista, pubblicità , istituzione che sia, oggi è vista con diffidenza e viene vagliata con capacità critica.
La catena della fiducia cambia perché la trasmissione delle conoscenze sta passando da un modello verticale ad orizzontale, e quindi si rovescia completamente il senso di authority. Non capire e non assimilare questo cambiamento significa costruire un progetto che in partenza è già zoppo, figuriamoci una svolta culturale.
Un’idea nuova ha successo se esiste un gruppo di persone carismatiche in grado di influenzare grandi platee. Il punto fondamentale è che queste persone devono credere e comunicare lo stesso messaggio e mostrare coesione e forza interna. I messaggi contrastanti che i futuri leader del PD si lanciano tra loro certamente non aiutano a far chiarezza. Inoltre il fatto che gran parte del dibattito stia avvenendo in puro “politichese” potrebbe alienare una bella fetta di futuri elettori.
Una nuova idea si “incolla” nelle menti tanto più ci si rende conto della sua forza e qualità . E, nel caso di una nuova idea, per “incollarsi” deve sfidare le pratiche tradizionali e fornire una nuova, semplice e intuitiva visione della realtà . Cosa fanno durare un’idea (e quindi un progetto) a lungo? E’ un mix di semplicità, concretezza e sorpresa, ma anche credibilità e emozione.
Il contesto in cui si sviluppa l’idea è fondamentale per la diffusione dell’idea stessa. Ma per capire il contesto è necessario conoscerlo, e qui la sfida per il PD è di creare canali di ascolto con i cittadini, capirne le esigenze e il linguaggio, e non trasformare il tutto in una operazione verticistica, incomprensibile per il cittadini e di conseguenza potenzialmente a rischio nelle battaglie elettorali. Anche qui, una bella sfida “culturale” per la nostra classe dirigente.
Che lo si voglia o no, il berlusconismo è un punto di non ritorno per la politica italiana. Se la forza mediatica di Forza Italia è tale, non è solo per una questione di risorse economiche, ma anche di capacità . Se per i giovani in particolare il linguaggio e i contenuti del centrodestra riescono più usuali, per quanto culturalmente e politicamente poveri, è perché sono più simili a quelli di cui sono imbevuti i media, TV in particolare. E se Forza Italia è più brava a comunicare è perché i loro dirigenti sono formati dagli stessi professionisti della comunicazione che camminano per i corridoi di Mediaset.
Quindi, per favore, cominciamo a risparmiare qualche soldo e risorsa nel nuovo partito per la formazione dei gruppi dirigenti locali anziché lamentarci del livello della nostra classe dirigente. Capisco la necessità del collegamento tra la base e il centro, ma organizziamo meno convegni tematici con questo o quel ministro, questo o quel rappresentante – tra noi sappiamo come la pensiamo! – e usiamo queste risorse e queste energie in corsi di formazione, di comunicazione, di amministrazione. Utilizziamo gli strumenti informatici come aggiornamento e lavoro tra noi, e come divulgazione verso l’esterno per essere più efficaci e produttivi e risparmiare risorse. Non è qualcosa in più, è qualcosa che dobbiamo recuperare, in fretta, e che da due anni una Clinton o un Obama hanno capito e stanno facendo. Non cito neppure Al Gore, perché un Al Gore forse non sarebbe potuto nascere in Italia. Ma dobbiamo fare in modo che nei prossimi anni, grazie a questo partito nuovo, ciò diventi possibile.
Dobbiamo creare un network, una rete, di competenze, di sinergie, di interessi a livello comunale e intercomunale veicolati da un idem sentire e da un obiettivo comune, che, a differenza dei nostri avversari, non deve essere “la torta è grande per tuttima essere basato sul fondamento stesso di quella cosa che unisce tutti gli italiani, che è la nostra Costituzione, che “la legge è uguale per tutti”. Superare il berlusconismo significa ripristinare una cultura della legalità e della convivenza, e il primo passo/esempio, deve essere chiaro e vincente: se paghiamo tutti le tasse, paghiamo meno tutti. E ancora: sostenere con ferma determinazione, a tutti i livello istituzionali, la lotta al corporativismo e ai poteri forti. Ridurre drasticamente il costo della politica per diventare credibili. E ancora, finché avremo anche solo la presunzione dell’odore del controllo degli istituti bancari addosso, finché non prepareremo un sano riequilibrio finanziario a favore dei consumatori, non potremo dirci né democratici né di sinistra, e ottenere un’apertura al consenso. Non voglio essere demagogico, ma a una giovane coppia interessano di più i tassi d’interesse di un mutuo, che la collocazione europea tra socialisti o popolari. Risvegliamo gli intellettuali per risvegliare gli intelletti e le conoscenze, ma ognuno abbia l’onestà e l’umiltà di saper fare il proprio mestiere.
Il consenso si genera nei fatti e nelle leggi, non nel proclamarsi pro o contro il Governo di turno. Solo con un buon governo locale e nazionale, infatti, possiamo argomentare e sostanziare un movimento che tutti vogliamo davvero dia un rinnovamento a questo Paese, ma non a partire da Roma, ma dalle vie e nelle piazze nelle quali fino a due mesi fa eravamo impegnati a giocarci la faccia.