Elogio della semplicità

Arriva un momento in cui ognuno di noi ha la necessità di fare ordine tra i propri sistemi di valori. C’è chi non lo fa proprio, cioè non mette mai in discussione i propri principi e in questa categoria abbastanza numerosa ci metterei i fanatici, laici o religiosi che siano. Io nel mio piccolo, questa critica la faccio continuamente ogni giorno, perché mi permette di confrontarli con le diverse realtà e quindi di arricchirli in modo fluido. Chi mi conosce sa che prima di dire la mia, ascolto l’altro. E’ una pratica che mi viene dall’educazione e da qualche studio sulle filosofie orientali. Scrisse Einstein: “Se A è il successo nella vita, allora A = x + y + z. Dove x è lavorare, y è divertirsi, e z è saper ascoltare.”
Nel lavoro ma in genere in ogni ambito, mi sono innamorato (anche se per alcuni è stata di fatto una riscoperta) di alcuni principi su cui voglio soffermarmi in diversi post. Voglio dire subito che il minimo comune denominatore è: la semplicità . Quella semplicità che già Orazio avvertiva di non confondere con la banalità o la genericità . La semplicità nasconde lavoro, concentrazione, impegno, studio, sudore, ore passate con lo scalpello (antica metafora che va bene ancora oggi per qualsiasi contesto). Ciò che è semplice non solo è bello in è, ma nasconde dietro l’apparenza di leggerezza una potenza e uno sforzo che si comprendono in un secondo momento. E allora si ri-scopre l’opera (in senso lato) sotto un punto di vista più profondo e autentico, meno apparente e più sostanziale, perché si abbraccia con il pensiero il sistema di valori e di esperienze che l’autore ha voluto trasmettere con l’opera. Michelangelo diceva della scultura che essa si basava sul “levare”, cioè sull’eliminare tutto il materiale superfluo rispetto alla figura che, nella sua mente, era già racchiusa nel marmo.
Questi principi empirici, molto familiari nell’informatica e nel visual design, sono: KISS, DRY e Less is More. Di fatto sono sfaccettature di un unico concetto. Semplicità significa: fare di più con meno.
Da un punto di vista metodologico, anzi epistemologico, la migliore trattazione è stata fatta da Gugliemo da Occam. Rimando a Wikipedia per l’approfondimento. Riporto, non in latino, la formula: “Non aggiungere elementi quando non serve. Non supporre pluralità quando non serve. E’ inutile fare con più quanto si può fare con meno”.
Tra le spiegazioni di un evento, è quella più semplice che ha maggiori possibilità di essere vera (anche in base a un principio di economia di pensiero). La stessa cosa è alla base del meccanismo del minimo sforzo nella linguistica. L’evoluzione delle lingue storiche segue proprio questo principio di economicità .
“Nel mondo moderno la chiave per la felicità è la semplicità”.
Dalai Lama
“Make it as simple as possibile. But not simpler”.
Einstein
“I mezzi più semplici e veri e sicuri sono gli ultimi che gli uomini trovano, così nelle arti e nei mestieri come nelle cose usuali della vita, e così in tutto. E così chi sente e vuol esprimere i moti del suo cuore ecc. l’ultima cosa a cui arriva è la semplicità e la naturalezza, e la prima cosa è l’artifizio e l’affettazione, e chi non ha studiato e non ha letto, e insomma come costoro dicono è immune dai pregiudizi dell’arte, è innocente ecc. non iscrive mica con semplicità , ma tutto all’opposto: e lo vediamo nei fanciulli che per le prime volte si mettono a comporre: non iscrivono mica con semplicità e naturalezza, che se questo fosse, i migliori scritti sarebbero quelli dei fanciulli“.
Giacomo Leopardi, Zibaldone