Se le streghe avessero potuto offrire un Crodino

Crodo non avrà più il Crodino. Gli accordi tra Campari e la Royal Unibrew presi all’epoca della cessione di alcuni asset ai danesi della Ceres dello stabilimento prevedevano di mantenere la produzione del “biondo” nella sede storica in Valle Antigorio fino al 2020. A Crodo resteranno LemonSoda e OranSoda (cedute ai danesi) mentre l’aperitivo si sposta definitivamente nella sede Campari di Novi Ligure. La storia più recente del Crodino è legata al Gruppo Campari, che ne ha acquisito il marchio nel 1995, rilevandolo dall’olandese Bols che a sua volta l’aveva presa nel 1983 da Ginocchi, il padre di uno degli aperitivi più amati.

Crodo Stabilmento Crodino

Crodo, storico stabilimento del Crodino

Crodo

L’impresa di Ginocchi è una delle tante storie di successo dell’imprenditoria italiana partita dal nulla, ma è anche l’epopea di un piccolo paesino incastonato tra le valli ombrose dell’Ossola.

Piero Ginocchi da Parma nel 1933 si sposta in Valle Antigorio per acquisire le Terme di Crodo intuendo che le acque termali dell’albergo possono valere di più in bottiglia. Nel Dopoguerra, l’azienda va bene: non solo esporta l’acqua ma anche bibite quali il chinotto e l’aranciata. Ginocchi allora, con l’audacia che permise a molti imprenditori di costruire il “miracolo italiano” degli anni Cinquanta, inizia a pensare in grande: misurarsi con i due colossi Campari e San Pellegrino (un’altra azienda nata in un posto termale tra i monti). I milanesi avevano il bitter (alcolico), i bergamaschi il Sanbitter (analcolico). La prima partita la perde in tribunale: il suo analcolico era troppo simile, nel colore e nella forma delle bottigliette, al bitter Campari.

Crodo

Ginocchi chiama un “mago delle erbe”, Maurizio Gozzelino, e gli mette a disposizione una sorta di laboratorio alchemico per sperimentare qualcosa di speciale. Gozzelino gioca con scorza d’arancia, vaniglia, assenzio, zenzero, semi di garofano, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo e noce moscata, più qualche altro ingrediente che resta ancora oggi riservato, e inventa una “pozione” che ancora oggi si distingue per quel colore tipicamente biondo. Tanto che all’inizio, Ginocchi e i suoi, volevano dargli il nome di “Biondino” che però fu scartato a favore di “Picador”. A etichette e imballi già pronti, però si scopre che il nome è già registrato. E’ il luglio del ’65: Ginocchi e i suoi dirigenti si ritirano in riunione per far saltar fuori un nome vincente ed evocativo. Ecco che il sig. Policarpo Cane, se ne esce con una di quelle frasi che sembrano buttate lì ma che poi fanno la storia.
“Se il paese di Cinzano ha il “Cinzanino”, l’aperitivo di Crodo si chiamerà Crodino”.
Il primo giorno di imbottigliamento, il 28 luglio, dallo stabilimento di Crodo partirono oltre 50mila bottigliette. Fu subito un successo, tanto che fu necessario ingrandire la sede produttiva e richiamare personale da altre regioni, perché in Ossola non avevano sufficiente manodopera.

Crodo

Nei decenni successivi la sfida alla Campari prosegue anche nella pubblicità. Sono anni d’oro per i creativi, sia sulle locandine sia in televisione. Mi piace ricordare tra questi anche un mio parente, il pittore Giuseppe Milani. Negli spot TV, che ai tempi si chiamavano caroselli (ed erano anche delle vere e proprie stories a puntate, prima che qualcuno coniasse il termine “storytelling”) spiccano all’inizio degli anni ’70 le puntate con Brigitte Bardot, icona femminile indimenticabile e… terribile per alcuni: per non indispettire il Vaticano (e quindi la Democrazia Cristiana, e quindi la RAI), BB non fu mai ripresa con la bottiglietta in mano.

Crodo

Se continuerete a leggere, scoprirete che i segreti delle erbe, i monti attorno a Crodo e la potenza del fascino femminile ritornano nelle pagine di un’oscura storia, vecchia di quattro secoli.

La Valle Antigorio e in particolare i paesi di Crodo, Baceno e Croveo tra il 1570 e il 1620 furono teatro di una delle più grandi cacce alle streghe avvenute in Italia. Nel “processo Croveo Baceno” del Tribunale dell’Inquisizione di Novara furono condannate per stregoneria 47 donne. Il grande romanzo di Sebastiano Vassalli “La Chimera” prende spunto da questi avvenimenti.

Crodo

Verampio

Queste donne, come tutte le donne di montagna, erano profonde conoscitrici dei segreti delle erbe e delle piante, senza dimenticare che come in altre vallate in tutta Europa, culti e credenze pagane erano sopravvissute nel silenzio e nell’oscurità dei boschi nonostante la diffusione del cristianesimo ovvero, come in ogni cultura, eroi e divinità si erano cambiati l’abito e il nome.

Vale la pena menzionare che a pochi minuti da Crodo, in un punto panoramico, si trova un’imponente struttura megalitica a secco lunga circa 20 metri, alta 6 metri e profonda 13. In epoca moderna fu chiamato “Muro del Diavolo” (tenetevelo a mente), ma questo sito di età protostorica doveva essere ancora utilizzato – si pensa per scopi religiosi – in epoca celtica e romana. Sempre a pochi minuti da qui sono state ritrovate meno di dieci anni fa pitture rupestri di uomini e cervi (cercate “balma dei Cervi”).

Nel 1575 due giovani frati domenicani, fra’ Domenico e fra’ Alberto, ispirati dall’interpretazione più ferrea del Concilio di Trento, salgono in Valle Antigorio per eradicare l’eresia. Nella popolazione Walser scoprono usanze e credenze pagane, e individuano in venti donne, evidentemente sedotte dal Diavolo, l’origine del Male: le sventurate sono tradotte al Tribunale dell’Inquisizione di Novara. Dopo la necessaria tortura, sette sono prosciolte, dieci messe ai domiciliari, una non uscirà mai dal carcere. Gaudenzia Fogletta e Giovanna, detta la Fiora, di Croveo, troveranno la purificazione sul rogo.

Croveo

Dieci anni più tardi scopriamo che fra’ Domenico ha fatto carriera. Domenico Buelli è professore di Teologia, Inquisitore generale del Sant’Uffizio, molto apprezzato da Pio V, il padre della Controriforma. Buelli si accanisce sulla popolazione femminile dell’Ossola in modo sistematico ed è solo grazie ai vescovi di Novara, Pietro Ponzone prima, e al più famoso Carlo Bascapè poi, se questa caccia alle streghe non è passata sui manuali di storia scolastici.
Quando Buelli muore nel 1603, gli succede fra’ Gregorio da Gozzano, la cui opinione sul genere femminile è ben sintetizzata da questa citazione: “come il diavolo è il rovescio di Cristo, le cui spose sono le monache, le streghe, essendo le spose del diavolo, sono l’opposto delle monache.”

Croveo

Fra’ Gregorio è convinto che l’eresia nella Valle Antigorio non è affatto sconfitta, anzi: le streghe si nascondono ancora tra le grotte e gli anfratti sotto al Cistella e al Cervandone, compiendo mercimonio e connubio con il demonio. E grazie all’inasprirsi delle torture – prediligendo le sevizie sulle parti intime delle donne – finalmente ascolta le confessioni che stava aspettando.
Dagli interrogatori di Elisabetta da Baceno detta la Bastarda, e di Maria detta la Gianola da Croveo, si scopre che “il punto di ritrovo per recarsi al Sabba era il crocevia al ponte di Osso. Lì giungevano la donne, posavano un mantello per terra e segnavano un cerchio nella terra con un legno, poi si ungevano il corpo nudo”. La Gianola ammette di essere salita al Cervandone “in groppa ad un demonio” e di aver consumato con lui rapporto carnale. La confessione la salva dalle fiamme ma esce di carcere più morta che viva.

Crodo Streghe di Croveo Ponte di Osso

Croveo, Ponte di Osso

Il ponte dell’Osso è eretto sopra le “Caldaie del Diavolo”, gli orridi dove il Devero precipita in una cascata bianca e rumoreggiante. Due massi ciclopici che formano un tetto naturale sopra il torrente Devero avevano secoli addietro dato origine a una leggenda popolare secondo la quale era stato il Diavolo stesso a porli in quella posizione nel tentativo di ostruire il fiume e arrecar danno ai mulini dislocati proprio nei pressi delle caldaie e di cui si serviva il villaggio di Croveo.

Crodo Streghe di Croveo Uriezzo Orridi

Croveo, Caldaie del Diavolo

La storia, abbastanza divertente, narra che tuttavia il Diavolo, scivolando sui massi scivolosi, finì per schiacciarsi la coda proprio tra i due massi, e dovette rintanarsi tra le viscere della terra rimettendoci… un pezzo di coda.

Crodo Streghe di Croveo Uriezzo Orridi

Crodo Streghe di Croveo Uriezzo Orridi

Questi orridi, in località Uriezzo, sono anche attraversabili a piedi, tanto che oggi sono chiamati dai turisti “il Grand Canyon del Piemonte”. Nell’ultima glaciazione la Valle Antigorio e la Val Formazza erano ricoperte dal Ghiacciaio del Toce: torrenti e cascate con il passare del tempo hanno eroso la roccia fino a formare gole e stretti cunicoli. Dopo il ritrarsi dei ghiacci alcuni torrenti si sono prosciugati e oggi possiamo attraversare queste fredde e oscure cavità naturali, oppure prendere il sole sopra massi lisci (e scivolosi) come lastre di vetro. Il più spettacolare è senz’altro l’Orrido Sud, lungo circa 200 metri e profondo fino a 30.
Crodo Streghe di Croveo Uriezzo Orridi  Crodo Orridi di Uriezzo Crodo Orridi di UriezzoCrodo Orridi di Uriezzo

Se vi capiterà di visitare gli stessi luoghi dove è nato il Crodino e dove secoli fa l’Inquisizione ha cercato il Diavolo tra le figlie di pastori e contrabbandieri Walser, sulla strada che porta a quel paradiso (ahimé ormai troppo noto) che è l’Alpe Devero, attraverserete dopo Crodo e Baceno anche Croveo, il “paese delle streghe” come recita una targa all’inizio del paesello.

Crodo Croveo

Sulla via che collega il Ponte delle Streghe e le Caldaie del Diavolo alla Chiesa di Croveo

Sul sagrato della Chiesa si trova la statua di Don Ruscetta, che negli stessi anni in cui Piero Ginocchi lanciava il Crodino, era considerato il miglior conoscitore di vipere di tutte le Alpi. Il prete tiene ancora tra le mani un bastoncino e una serpe. Sacro e profano.

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Crodo, Val d'Ossola

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Pictorialism, Reportage, Stories

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