L’elaborazione in post produzione spoglia l’immagine dell’hic et nunc, e tuttavia ritroviamo una notazione al presente, che ci riporta d’incanto al tempo dello scatto, in un oscillare dialettico tra un’immagine senza tempo e l’hic et nunc dello scatto. La modulazione dell’istante di luce è evidente anche in altri progetti […] In queste immagini di grande fascino visivo è l’uso virtuosistico della luce a definire lo spazio che pare dissolversi nella superficie della visione.
Lucia Miodini – “Il pittorialismo italiano e l’opera fotografica di Peretti Griva”
La disputa tra fotografia considerata come riproduzione della realtà e fotografia considerata come interpretazione della realtà è antica quanto la fotografia stessa. La prima polemica sorse tra i dagherrotipisti e i calotipisti. I primi si dedicavano al ritratto, pratica ormai non più di sola competenza della pittura. I secondi si prediligevano paesaggi evanescanti in stampe di sali d’argento. In quegli anni, alla fine dell’800, un nuovo movimento cercava di dare alla fotografia quella dignità artistica che sembrava esserle negata dall’automatismo meccanico che produce l’immagine fotografica. Il Pittorialismo nasceva proprio dal bisogno di elevare il mezzo fotografico al pari della pittura o della scultura, imitandone gli stili, seppur rinunciando alle specifiche del linguaggio fotografico.
A questa corrente artistica, Carlo Milani guarda con grande interesse. L’autore dichiara una visione che nasce dall’interpretazione del Pittorialismo, realizzando, grazie a una consapevolezza ormai acquisita, una specificità linguistica assolutamente autonoma. Ciò gli consente una certa libertà espressiva che si realizza, in particolare, nell’accostamento dei soggetti e dei temi tipici di questa corrente artistica, come il paesaggio, la natura incontaminata e l’architettura. Il risultato, a tratti straniante, risulta armonico e composto, vicino a quel piacere della visione tanto evocato nelle stampe pittorialiste.
Denis Curti – “Il Fotografo”, Febbraio/2017
Prima dell’avvento della fotografia come noi la intendiamo, molti pittori avevano deciso di affrontare il tema del paesaggio con un approccio più direttamente realistico. Siamo nel Settecento e la ragione, di evidente influenza illuministica, stava tutta nell’esigenza di rapportarsi con la natura in modo diretto dimenticando il forte simbolismo che aveva caratterizzato i predecessori portandoli sulla strada di una trasfigurazione dei luoghi. Il Vedutismo, come venne chiamata quella corrente pittorica che si sviluppò ampliamente soprattutto in Italia, si faceva anche aiutare da strumenti ottici come la camera ottica che, permettendo di proiettare su un piano orizzontale l’immagine della realtà catturata da una lente, consentiva al pittore di ottenere tracce da cui ricavare schizzi dotati di ineguagliabili prospettive. Questa la ragione per cui autori di gran vaglia come, per fare alcuni esempi, Antonio Canal, Francesco Guardi, Caspar von Wittel (più noto con il nome italianizzato di Vanvitelli) erano in grado di dipingere con grande perizia realistica restituendoci scorci di Venezia e di Roma del tutto simili a quelli che sarebbero stati ottenuti dal procedimento fotografico se solo fosse stato già inventato.E’ curioso che secoli dopo un giovane autore come Carlo Milani ripercorra al contrario la stessa strada, questa volta dotato di strumenti tecnologici estremamente raffinati, per andare alla ricerca di nuove visioni. Le quali, però, non intendono in alcun modo oltrepassare espressivamente la pittura ma evocarla in raffinate citazioni.
Non è un caso se la scelta del titolo è caduta su Vedutismo 2.0 proprio per sottolineare un’ideale continuità di intenti e la comune volontà di sorprendere chi osserva, sia pure in modo delicato. Il soggetto non sono più città italiane di magica bellezza o di sfrontato splendore ma una cittadina inglese – Flatford nella Valle del Dedham, non molto lontano da Cambridge – dove è vissuto e ha lavorato John Constable, il più grande paesaggista inglese.Carlo Milani si muove all’interno di un gioco di reciproche suggestioni: per un verso realizza inquadrature così equilibrate da somigliare a dipinti, inducendo i suoi osservatori a crederlo, ma per l’altro inserisce nel paesaggio elementi come le figure umane che li riportano a una più corretta e realistica visione. Il suo obiettivo si muove alla ricerca dei momenti di una serena quotidianità, esalta la bellezza dei parchi in cromatismi suggestivi inevitabilmente dominati da tutte le possibili sfumature del verde, sembra perfino far proprio il ritmo lento e gradevole dello scorrere del fiume.
Pur avendo sottolineato gli aspetti più naturalistici di questo luogo, il fotografo sposta la sua e la nostra attenzione guidandoci fra le vie, soffermandosi con attenzione sui mattoni che rivestono le facciate delle case, sfociando infine in piazze dove gli abitanti passeggiano tranquillamente, ignari di quel testimone del tempo la cui fotocamera ne ha colto i gesti per consegnarli a un rettangolo di carta fotografica su cui sono destinati a rimanere.Perché, proprio come nei dipinti del passato, la fotografia contemporanea sa essere testimone del suo tempo: lo coglie con fotocamere e obiettivi di qualità, lo elabora con tecniche sofisticate, ce lo propone infine con immagini di grande raffinatezza.
Carlo Milani queste operazioni le compie con naturalezza e semplicità ed è per questo che le sue immagini acquistano ai nostri occhi un particolare valore. Quello del fascino della realtà.
Roberto Mutti – “Il fascino della realtà”
Ad una prima impressione la ricerca di Carlo Milani si presenta agli occhi dello spettatore come una accurata rappresentazione di paesaggi più o meno a noi familiari. Affinata è la tecnica di esecuzione degli scatti fotografici così come il lavoro di post produzione che fanno apparire la superficie fotografica come una tela di un dipinto, costellata da ricche pennellate di colore. Ad uno sguardo più attento ci accorgiamo che la rappresentazione di tali paesaggi non solo è accurata e studiata nel dettaglio, ma è anche una sorta di viaggio nel tempo. Milani, infatti, mette in scena esperienze di vita vissuta (ad esempio un matrimonio misto nella cittadina britannica di Cambridge) e paesaggi bucolici (ad esempio le campagne lombarde) come se fossero appartenenti ad epoche lontane. Le sue fotografie ricordano, non a caso, una pittura seicentesca di sapore rinascimentale, pensiamo ai fratelli Carracci, laddove emergeva l’intenzione di fissare con luce e colore la natura, grande protagonista delle loro rappresentazioni pittoriche. In questo senso Milani, nel tentativo di rendere giustizia ad una fotografia “pittorica”, realizza un connubio tra tecnica moderna e contenuto antico, tra medium di matrice contemporanea e sostanza di carattere storico.
G. Deodato